Riflessioni aporetiche sul valore della strada

Riflessioni aporetiche sul valore della strada

Cosa intendiamo per strada? La strada come percorso abitudinario per adempiere ai nostri doveri di cittadini? come tragitto per raggiungere dei luoghi particolarmente cari alle nostre vite? solitamente la finalità è lavoro, una libreria, un cinema, un luogo dove ripararsi dal freddo e bere una bevanda calda o fare un aperitivo tra amici.  Questa è la rappresentazione della strada sposata dai cittadini di ogni città. Questa è la rappresentazione che gli adulti hanno voluto dare della strada. Un mezzo per raggiungere dei luoghi. La rappresentazione inevitabilmente ha portato ad una trasformazione del senso e del significato della strada: fluida, insicura, imparziale, esterna, fredda; luogo capace di proiettare le più intime paure dell’essere umano. Per definizione, ripercorrendo in memoria l’antropologia di Augé, un nonlieu.

La strada, per mia esperienza, non dovrebbe essere considerata solo come mezzo. Essa è un luogo a tutti gli effetti; forse non ne siamo consapevoli o facciamo finta di guardare mentre sfrecciamo sulla nostra utilitaria. Molti individui popolano la strada. Non solo soggetti in condizioni di fragilità. Soggetti il più delle volte legati ai margini perché portatori di una tossico dipendenza. Penso anche agli immigrati che popolano i parchi del Ducale, i binari della stazione e alcuni borghi del centro. Cosa accomuna, questi luoghi vissuti? Quali relazioni si intessono per le strade? Quali attività, quali pensieri, quale ideale ripercorre l’uomo che frequenta la strada? Quali codici di condotta prevalgono e quali norme bisogna rispettare per farne parte?

La strada è abitata ed è sempre stata abitata da chi proviene dagli strati di popolazione dove, nel tempo, si sono radicate culture anticonvenzionali; in primo luogo, il mondo dell’Hip Hop. Individui che, non rispettando le convenzioni sociali delle città, perché automaticamente esclusi, si impegnano ad appartenere ad un gruppo di individui che tentano di scoprire, con le proprie risorse, se possiedono un talento, una ragione di vivere o semplicemente per sopravvivere. È così che, per i borghi di Parma scopriamo nuove rosticcerie, nuovi mercati alimentari dove acquistare cibo locale di altri paesi e dove vivere esperienze che non appartengono al mondo comune: spaccio, prostituzione ma anche sport come il cricket. Per le strade si scoprono nuovi mondi non necessariamente devianti.

Ma non si radicano in strada solo soggetti fragili. Percorrendo per i borghi di Parma si può ammirare alcuni fotografi che peregrinano per cercare di trovare degli scatti assoluti; un Dandy elegante che con un rituale da protocollo cammina e percorre gli stessi schemi. Che dire quando si entra nella biblioteca civica? All’interno si trovano individui che popolano la strada e trovano nella biblioteca un posto dover poter coccolare la loro solitudine tra le presenze silenziose della gente. Individui che avranno delle storie da raccontare senza destinarli.

Sul ponte di mezzo, puntualmente ogni mattina si può trovare un signore che porta in giro il suo gatto al guinzaglio e gli fa ammirare lo scorrere delle acque del torrente.

La strada è popolata ed accoglie tutti quegli individui che non si riconoscono o non sono stati riconosciuti dalla gente che frequenta luoghi che sono stati progettati per il consumo effimero e sfrenato. Il denaro non discrimina, ma non accetta nemmeno le differenze. Un poeta della strada, Marracash, afferma in alcune sue liriche che non riusciamo ancora “a essere poveri, perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi […]”

E noi rincorriamo inconsapevolmente e senza umiltà questi posti esclusivi, cercando un quiete interiore di normale convenzione.

Per quel che riguarda il fenomeno delle baby gang, bisognerebbe per forza di cose cominciare a riparlare una lingua che non sia quella dell’accademia o dei circoli di lettura dove portare contributi sterili della realtà. Al servizio di questa causa potrebbero partecipare tutti: i ragazzi di strada in primo luogo, professionisti dell’educazione, del sociale, avvocati, medici, volontari del soccorso, studenti, genitori preoccupati, politici. Quello che conta è di cambiare punto di vista, sospendere temporaneamente i giudizi, sprofondare negli abissi e comprendere il fenomeno che è da sempre radicato nelle strade ma che ora è sotto gli occhi dei riflettori dei grandi media. Perché abbiamo finto di non vedere?

Il fenomeno è veramente considerato così incomprensibile dal mondo degli adulti? Gli stessi adulti che hanno contribuito a legiferare per promuovere iniziative di strada per contenere il disagio giovanile. Sono gli stessi adulti che legiferano e sistematizzano un ordine sociale. Come sia possibile che gli adulti ora sono spaventati dagli effetti delle loro scelte?

Mi rispondo consolandomi che non è stato fatto abbastanza dal mondo degli adulti e trovo pace nel leggere gli ultimi versi di una poesia di Majakovskij:

non rinchiuderti, Partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada.

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