Zero: una storia di periferia

Zero: una storia di periferia

Qualche settimana fa è uscita la serie Zero prodotta da Netflix Italia . In concomitanza, nella nostra comunità educativa, era entrata una nuova ospite e non avevo avuto ancora occasione per parlare e fare conoscenza. Credo vivamente che il momento iniziale sia importante. Quando ero studente mi appassionai agli studi di Lorenz e la forma d’apprendimento denominata dallo scienziato Imprinting fu per me una bussola nel lavoro educativo. Il primo incontro è importante, rimane impresso e, se si presenta come un’esperienza positiva, sarà probabilmente positiva anche l’impalcatura con la quale si costruiranno le fondamenta di una relazione autentica. Cerco sempre, come professionista dell’educazione, di trovare il momento più opportuno per poter legare con i ragazzi.

Approfitto del turno di notte e dell’uscita della serie Netflix di zero per poter chiedere se vorrà partecipare alla visione insieme agli altri ragazzi.

Alle 21.00 arrivo e alle 22.00 è già tutto pronto. Come al solito prendo qualche schifezza da mangiare, spegniamo le luci e iniziamo a visionare il film.

sarò breve: la serie racconta la storia di un ragazzo milanese Omar che vive in un barrio di Milano. Nello specifico il film è girato nelle zone della Barona, tra l’altro zona nativa del rapper Marracash e dove son stati girate altre piccole, ad esempio Fame Chimica e Senza Filtro.

Omar, ragazzo immigrato di seconda generazione (così si chiamano gli italiani nati da immigrati che risiedono nel paese), vive la quotidianità della periferia: lavora come rider e consegna pizze per racimolare qualche soldo e guardare ad un’alternativa rispetto al luogo in cui vive. Sopravvivere è il classico destino che accomuna tanti ragazzi che vivono nelle periferie delle metropoli.

Un giorno, mentre assiste ad un rogo nel quartiere, viene avvistato da un gruppo di ragazzi che, probabilmente, erano intenti a cercare il capro espiatorio rispetto all’accaduto e vedono Omar. Con grande sorpresa Omar riesce a scappare diventando invisibile agli occhi dei ragazzi, sfuggendo così ai malintenzionati. In una serie di incontri fortuiti, il protagonista e questo gruppo di ragazzi faranno amicizia e condivideranno affiatatamene alcune peripezie che si presenteranno nella serie legati da un’ideale: rendere il Barrio un posto degno di essere vissuto.

Mi fermo qui nel raccontare la trama che è composta da 8 semplici e lineari episodi. Vorrei dare un’analisi differente, vorrei narrare l’esperienza audiovisiva mia e dei ragazzi.

Il nodo drammatico del racconto è il super potere di Zero. Questo è stato, a colpo d’occhio, un momento di stupore durante la fruizione del film. Non immaginavo; dentro di me pensavo: “cazzo no! Con il superpotere si rovina tutto; era meglio una dinamica realistica!”.

Erroneamente credevo che questo pensiero fosse affine agli adolescenti, invece ho notato nei ragazzi un senso di stupore: “ragazzi ha un super potere… vi piace?” La risposta è stata positiva ed unanime; quasi legata ad un sentimento di speranza, di forza, di coraggio… si stavano identificando con il protagonista.

In una serata ci guardiamo una puntata dopo l’altra… la narrazione fila liscia come l’olio… forse, per la prima volta, vedo i ragazzi distaccarsi dal mondo di Instagram per almeno 20 minuti di fila. Badate bene, mi era capitato altre volte, ma con film che hanno fatto la storia del cinema e che analizzerò in altri momenti.

Torniamo al film. Ogni tanto recupero l’attenzione dei ragazzi evidenziando alcuni elementi che si presentano sullo schermo. Ad esempio, pongo l’attenzione sul contesto e sulle riprese del Naviglio Grande che confina con il quartiere della Barona; sulla bellezza della smartcity con i nuovi Boschi verticali; piuttosto che sul degrado della periferia. Ogni tanto focalizzo l’attenzione sulla differenza tra periferia e centro. Tematica che i ragazzi della città in cui vivo e lavoro percepiscono. Molti di loro, pur provenendo da contesti svantaggi culturalmente ed economicamente, pretendono di entrare nel giro della gente del centro città, considerando la periferia come luogo non interessante e privo di stimoli.

Limitatamente, invece, sposto l’attenzione sulla colonna sonora scelta: individuano Emis Killa, Mahmood, Marracash, il produttore Tha Supreme e Madame. Ma quella sera la musica rap non era argomento che infuocava le anime. Ero contento, comunque, delle tracce scelte: tutte molto intelligenti, diverse generazioni di artisti rap che rispecchiano gli intrecci narrativi.

Quello che ha colpito, come già accennavo, è il potere di Zero. La metafora duplice dell’Invisibilità e del numero Zero è veramente potente per molteplici aspetti che legano soprattutto le emozioni e il mondo interiore. Riflettevo sull’energia positiva che stava emanando questo personaggio che, per tutti gli aspetti, può essere presentato come un supereroe.

E Omar è il supereroe che quella sera ha permesso ad un gruppo di ragazzi difficili con difficoltà di varia natura, ad evadere dai loro problemi, incantandosi del mondo magico in cui è immerso Zero con il suo super potere.

Il Potere non viene utilizzato a scopi malevoli. Questo è stato un colpo di scena allucinante. Questo potere che viene dal basso, dallo zero, dal nulla, è un potere capace di affrontare squali grossi e, come potrete assaporare con la visione, permetterà alla compagnia di amici di supportare il quartiere andando a individuare una serie di corruzioni con la finalità di squalificare il luogo periferico agli occhi dei milanesi.

Secondo la mia interpretazione, poi accolta anche dai ragazzi, il potere dell’Invisibilità è qualcosa da invidiare. Lo vorrebbero anche loro: per fuggire, per scoprire, per rintanarsi nel loro mondo, lontano dagli adulti che li hanno feriti. Ma non solo. I ragazzi non avrebbero mai pensato che il potere potesse essere utilizzato a scopi altruistici; Così tanto abituati ad essere condizionati in un mondo che li ha visti fin da piccoli abusati dei loro diritti e dei loro bisogni; l’invisibilità rappresentava per loro un non luogo dove ripararsi simbolicamente dagli errori subiti dagli adulti.

Questa rappresentazione si lega, a mio parere, alla funzione originaria del potere dell’invisibilità. Infatti, il protagonista scopre che il potere si attiva solo quando prova emozioni forti, soprattutto legati a dei traumi infantili.

La storia di zero è una storia che proviene dal basso, capace di far riflettere molte generazioni. È una serie che accompagna il vissuto di chi ha percorso l’adolescenza e chi invece la percepisce nel suo tortuoso percorso. Al di là dell’intreccio narrativo, la storia di Zero è quella storia che sottovalutiamo, che vogliamo nascondere perché non reputata abbastanza farcita di valori nobili e di bellezza. È una storia di ragazzi che vogliono emancipare il quartiere dal suo status quo, che poi è parte della Mission di molti artisti che, attraverso il furor del dire, si limitano a cantare poeticamente le vicende del quartiere in cui sono vissuti..

Per una visione più interculturale, cliccate sull’articolo della mia collega Anna Granata.

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