Luca o la paura come titanico avversario.

Luca o la paura come titanico avversario.

Ogni animazione della Pixar merita una recensione e una riflessione anche di tipo pedagogico. Perché proprio pedagogico? Per un semplice motivo: sono prodotti destinati, in prima istanza, ai nostri pargoli. Potreste ovviamente replicare che non è esattamente così; vi potrei dare ragione. Spesso e volentieri, i cartoni animati seguono anche una logica di crossover inserendo contenuti che sono adatti a diversi livelli di età e, in base ad essa, sono correlati soprattutto diversi livelli di ragionamento rispetto al contenuto fruito.

Nello specifico – azzarderei ad affermare – ogni animazione ha una struttura fiabesca e – per dirla con Vladimir Propp – essa ha un ruolo culturale importante nelle nostre società e, nello stesso tempo, un’importante ruolo strutturante nelle sfere affettivo-emozionali del bambino in via di sviluppo.

Come il Pinocchio di Collodi – e molte fiabe di carattere popolare – i film della Pixar, aiutano il bambino a conoscere e comprendere il mondo, sia nei suoi lati positivi che negativi; lo aiutano nella percezione dei problemi umani, aiutano a dare un nome alle emozioni, senza banalizzarle, ma al contempo proiettano il fruitore in un mondo fiabesco caratterizzate da molteplici fantastiche avventure che gli permettono di trovare visioni di mondo alternative e risposte a questioni così intime che a noi adulti non è permesso addentrare. Duplice compito, quello dell’animazione a struttura fiabesca, far divertire i bambini e i ragazzi e aiutare loro a comprendere meglio il mondo e la loro posizione dentro esso.

Cominciamo. Luca è il nuovo protagonista dell’estate in casa Pixar. Luca vive in un mondo di quiete in fondo al mare: porta a pascolo i pesci; si occupa del suo territorio marino e vive come in una classica famiglia con genitori e i loro problemi. Luca però non è umano, infatti egli è un mostro marino e lo scopre in circostanze che saranno il motore delle molteplici peripezie che infittiscono la storia. Un mostro marino designa fin dalle prime esplorazioni umane, un tentativo di rappresentare la paura che si cela negli abissi. Una paura tipicamente umana e come vedremo, sarà un elemento chiave del film.

Analizziamo sinteticamente due aspetti della vita di questo ragazzino. Prima peculiarità che salta all’occhio è la relazione educativa. L’ iperprotettività dei genitori nei confronti del figlio. Luca non può aprire le porte e andare oltre la propria zona di comfort, infatti, vive la sua quotidianità senza poter mai esplorare la superficie del mare, e, soprattutto senza mai affacciarsi a volto scoperto. Le irrazionali paure dei genitori sono giustificate dall’esperienza e da una paura atavica – l’impossibile convivenza mostri marini e umani – ; questo, però impedisce Luca alla normale esplorazione che accompagna l’esistenza di ogni bambino. Ricordate il pesciolino Nemo? Molto simile.

Comincia, quindi, una specie di conflitto tra genitori e figlio basato fondamentale sulla antinomia libertà/ costrizione fintantoché Luca incontrerà Alberto – l’amico sarà l’antitesi delle norme genitoriali – che gli farà conoscere i segreti delle terre emerse e la comunità dell’uomo: siamo a Portorosso, cittadina ligure, frutto di un’ispirazione contaminata del BelPaese da parte del regista.

Luca in pochissimi istanti è cresciuto. Emerso nella società umana, sfugge alla tradizionale punizione paternalistica e autoritaria dei genitori e scopre il suo punto di forza: prendere le sembianze umane quando non è a contatto con l’acqua.

Luca ed Alberto stringono un forte legame di amicizia. L’amico diviene così una figura significativa nella vita di Luca. Infatti egli incarna l’esplorazione disinibita, l’altra faccia della socializzazione, il compagno con il quale saggiare le proprie abilità in performance dettate dalla sfida; del conoscere l’ambiente senza dover fare parlare Bruno.

La paura è denominata Bruno ed è proprio questo essere a dettare la legge della sopravvivenza. La paura è un’emozione comune e fisiologica. Senza paura ci troveremmo tutti spericolati a buttarci giù da un burrone per scoprire se si sopravvive o meno allo schianto, ma quando è eccessiva, rischia di vanificare un’intera esistenza.

Abbandonati alle gioie e agli artefatti della cultura umana, Luca e Alberto cominciano a strutturare una visione del mondo completamente differente: scoprono nuovi colori, nuove forme di vita, scoprono le attività dell’uomo e ad essi desiderano congiungersi. Ma l’intrecciarsi della narrazione porterà i due amici ad allontanarsi verso due missioni di vita differenti.

Infatti Alberto individua come unica forma esistenziale quella del godimento immediato. Alberto vuole stare sulla terra ferma per guidare una Vespa, divertirsi con gli altri ragazzi e aiutare i pescatori nel lavoro; Alberto vuole vivere il momento hic et nun; poi, tornare nelle acque.

Luca è differente. Luca vuole conoscere più da vicino il mondo dell’uomo. Conoscendo Giulia, il protagonista si innamora del mondo degli umani e affianco a questa ragazzina, si lascia andare alle molteplici scoperte. Evito di svelare il finale e i vari intrecci narrativi che accompagnano e ci permettono di assaporare l’amicizia tra questi due ragazzi; allo stupore dell’esplorazione di due mondi in un continuo comparare i livelli culturali.

Ho individuato il nodo drammatico e pedagogico di tutto il film in questo Bruno. Credo che Bruno, la paura denominata da questi due ragazzini sia un appello a chi fruisce del film nel non lasciarsi mai sopraffare da queste emozioni in modo troppo irrazionale. Quello che penso, infatti, è che guardare questo film possa incoraggiare un ragazzo, un bambino, ad affrontare alcune paure che limitano le loro attività quotidiane. La scelta di uscire con un lungometraggio che esprima questa emozione in un periodo storico dettato da una drammatica destabilizzazione, è una scelta saggia.

Il Covid-19 è stata ed è un’esperienza traumatica che ha messo in dubbio molte nostre abitudini, credenze e certezze rispetto ad una visione di mondo dettata da un clima di prosperità serena. Il virus, infatti, ci ha costretto ad abitare in spazi stretti, sospendendo il tempo e lo spazio, circoscrivendo e limitando le attività, le proprie abitudini sociali, scolastiche, lavorative e affettive; ad abbandonare amici, piuttosto che a limitarci nelle nuove conoscenze.

La ricerca cercherà di dare un contributo significativo rispetto alle conseguenze di questo dannato virus; nel frattempo, mi sembra utile, guardare Luca insieme ai vostri figli, con la propria dolce metà, o semplicemente nella vostra solitudine e richiamare ad una speranza, una speranza di visioni di mondo differenti dettati, però non dalla Paura, ma dalla voglia di cominciare nuove esperienze vissute, autentiche e dense di vita.

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